Tre soldati dell’Asse di alto rango stanno per essere interrogati.
Uno è un membro della Gestapo. Uno è un ufficiale imperiale giapponese. E uno è un comandante fascista italiano.
Sono tutti seduti nella loro cella di detenzione e discutono su cosa faranno quando saranno interrogati.
Il tedesco dice: “Il mio spirito tedesco superiore e la mia intelligenza renderanno impossibile per loro farmi cedere”.
Il giapponese dice: “Solo grazie alla mia eterna devozione all’Imperatore potrò resistere alle loro torture”.
L’italiano dice: “Mamma mia!”.
Il tedesco è il primo ad essere interrogato e quando se ne va gli augurano buona fortuna. Passa quasi un giorno intero prima che il tedesco torni in cella, coperto di lividi e sangue.
Gli altri due gli chiedono cosa sia successo.
“Nemmeno i miei geni perfetti hanno potuto proteggermi dai loro metodi. Ho fallito con il mio Paese”.
Poi tocca al giapponese, che viene interrogato. Passano 3 giorni e torna in cella. Ha gli occhi neri, le dita rotte e il corpo pieno di lividi e sangue.
“Ho disonorato me stesso e il mio imperatore. Quando mi rilasceranno, dovrò commettere un onorevole seppuku”.
Infine, l’italiano si alza e se ne va già implorando per la sua vita. Passa un’intera settimana prima che ritorni.
Picchiato quasi a morte, viene portato dentro da due soldati. Uno dei soldati lo deride: “Non posso credere che vi siate rotti al posto di questo dago”.Gli altri due sono scioccati. Si stupiscono che questo italiano possa sopportare le loro punizioni e non cedere. Gli chiedono come abbia fatto.
“Volevo cedere subito, ma non riuscivo a parlare”.
“Come sarebbe a dire che non riuscivi a parlare?”. Chiedono gli altri.
“Mi hanno legato le mani dietro la schiena”.